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VERBA VOLANT

Le parole volano

(Pubblicato Sulla Gazzetta di Modena il 2 ottobre 2016)

Al Festival della Filosofia si è parlato quest’anno di agonismo, agòn significa lotta. Nei titoli appaiono parole come antagonismo, lotta, conflitto, competizione sportiva, ma anche pace, non violenza e dialogo. Un maestro antico e invisibile sempre presente nella grande piazza di Modena è Platone l’uomo dei ”Dialoghi” e del dialogo. Dialogo vuol dire ascolto rispettoso, interrogativi reali, risposte pensose, ricerca comune. Il “Dialogo” avveniva durante un simposio a tavola, dove l’agapè, l’amicizia creava un clima di affetto e stima reciproca. Il Dialogo un genere letterario che ha continuato nella storia della nostra cultura: dall’umanesimo, al rinascimento, all’illuminismo è sopravvissuto perfino durante la controriforma. Galileo ne fu maestro. Anche allora era il tempo in cui i conflitti come oggi venivano risolti con la spada. Il duello, la battaglia e la guerra erano la feroce conclusione di contrapposizioni che non premiavano il migliore, la ragione e il bene del popolo, ma chi aveva un esercito più forte e una borsa d’oro più pesante. E’ più facile fare un urlo, dare un pugno che esprimere un parere.

Che il clima e il metodo dei nostri festival dove pianamente, pacatamente, con competenza i nostri maestri illustrano diversi punti di vista, raccontano pezzi di storia e presentano il pensiero filosofico dei grandi del passato, possa aiutarci a rinsavire, in un momento storico italiano confuso e contradditorio.

Ma se facciamo per un momento mente locale, le lezioni magistrali del Festival della Filosofia si avvicinano di più al Convivio di Dante scritto nel 1307, che al dialogo di Platone tanto citato in tutti questi anni al festival. Il Convivio è secondo Dante non un banchetto ma una mensa dei poveri, dove il ricco signore spezza il pane della scienza e la distribuisce al popolo ignorante che rispettoso ringrazia. Non a caso scrive questa opera in volgare, in italiano, e non in latino la lingua dei dotti. Ma il padre della lingua italiana conosceva anche un altro metodo di apprendimento che era quello delle università (frequentò l’università a Bologna e forse quella di Modena) in cui il magister proponeva delle quaestiones, argomenti; seguiva la disputatio, la discussione; alla fine il professore faceva una sintesi spesso condivisa. Come nei “Dialoghi” di Platone.

Ecco: sulla piazza sono volate milioni di parole dotte, è stata ammannita una lauta mensa di cibo, lasciando ad ognuno il compito di digerire il pesante cibo ingerito. Il sapere non viene però condiviso attraverso luoghi di discussione, approfondimento, confronto e sintesi.

E’ purtroppo un’abitudine invalsa da qualche decennio. A Modena ci sono molti luoghi-mensa: il San Carlo, il festival dell’Unità, le Università delle terze età, le conferenze nei quartieri, le omelie e le lezioni teologiche ecc. Alla fine silenzio o qualche domanda seguita dalla risposta del maestro. Ma non ci sono più luoghi di confronto e discussione liberi e laici. Forse per la fatica di confrontarsi in un momento di grande conflittualità ideologica e politica. O di disorientamento e insicurezza dopo la sensazione dell’inutilità di tante assemblee e discussioni.

L’anno prossimo il Festival avrà come argomento le arti: dall’arte tradizionalmente intesa fino all’artigianato. “Arti e mestieri” venivano chiamati in antico. Nella nostra città abbiamo una lunga e nobile tradizione non solo di artisti ma specialmente di artigianato, dal tempo delle Corporazioni medievali fino ai grandi artigiani del secolo passato che hanno fatto la fortuna della nostra città. Abbiamo un Villaggio Artigiano voluto dal sindaco nel 1951 che è stato il cuore motore dell’industria modenese.

So che dalle parole dell’organizzatrice dell’evento si prevede di parlare anche dell’artigianato, ma il rischio sarà quello di parlare dottamente ed esteticamente della bellezza dell’artigiano che lavora con le sue magiche mani. Suggerisco di coinvolgere gli attori di questo settore per rappresentare degnamente lo sforzo e i grandi risultati di questi uomini del sapere delle mani.

Beppe Manni