Contributo sinodale

CONTRIBUTO DELLA COMUNITA’ CRISTIANA DI BASE DEL VILLAGGIO ARTIGIANO DI MODENA AL CAMMINO SINODALE Marzo 2022 Quaresima

Noi della Comunità del Villaggio Artigiano di Modena siamo contenti che si sia deciso di intraprendere questa vasta consultazione al fine di fornire utili materiali di riflessione per i lavori sinodali. La nostra comunità è nata ormai più di 50 anni fa, sull’onda del Concilio, che abbiamo preso sul serio, cercando in tutti questi anni di tradurne lo spirito e di vivere e testimoniare il Vangelo in modi profondamente rinnovati. Non facciamo riferimento a realtà parrocchiali, tuttavia facciamo parte della chiesa a pieno titolo, certo con minori protezioni ma con molta libertà. In un certo senso ci siamo collocati fuori dal recinto del sacro, in un territorio di frontiera, radicati nel territorio, attenti al mondo laico che ci circonda, con le sue attese e con le sue speranze. Sentiamo ancora riecheggiare a distanza di ormai tanti anni le parole del famoso incipit della costituzione conciliare Gaudium et spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”. E ci sentiamo ancora continuamente spronati a cogliere i segni dei tempi, in una società e in un mondo in continua trasformazione.

Proprio per questo ci sentiamo un po’ stretti nelle 10 piste di riflessione con tutta la sequenza di domande che sono state proposte. Assomigliano molto a un esame di coscienza collettivo, utile forse a creare un maggior senso di appartenenza e a cementare una comunità magari un po’ tiepida e non abituata alla riflessione.

Cosa buona naturalmente, tuttavia noi crediamo che sarebbe altrettanto urgente incominciare ad affrontare con decisione alcuni problemi strutturali, che riguardano la vita interna della chiesa e il suo proporsi all’esterno nel suo mandato di annunciare l’evangelo.

Sappiamo bene che il fondamento della vita dei cristiani, e quindi della Chiesa, è il mistero pasquale, la fede nella resurrezione di Gesù il nazareno che diventa il Cristo. Sappiamo che la Chiesa è guidata dallo spirito del Signore, che spira leggero dove e quando vuole, anche fuori dei suoi confini. Però sappiamo anche che la Chiesa (purtroppo ancora divisa tra diverse confessioni, in faticoso dialogo e con ferite ancora aperte) nei momenti migliori della sua storia ha sempre avvertito la necessità di riformare se stessa per rendersi più capace di annunciare in modo credibile il Vangelo di sempre. Pensiamo che questo sia un tempo in cui ci vengano chiesti cambiamenti audaci.

Noi siamo addolorati nel vedere le chiese svuotarsi, tante piccole comunità e parrocchie senza più prete, molti giovani disinteressati alla proposta cristiana, ancora un così grande distacco tra le strutture della chiesa e la logica del Vangelo, tra i nostri riti immobili e la vita concreta delle persone.  E se anche una parte di questi problemi dipendesse da noi e dalle nostre scelte, allora abbiamo il dovere di iniziare un cammino nuovo, forse impervio ma necessario.

Con questo spirito noi ci sentiamo di proporre alla riflessione di tutti alcuni temi che ci sembrano importanti, necessariamente solo accennati, che sorgono proprio da realtà vive che come comunità abbiamo spesso incontrato.

Il primo gruppo di proposte riguarda gli aspetti morali, anche di morale sessuale, che tanti credenti devono affrontare e che da tempo aspettano una risposta dalla chiesa. Riteniamo opportuno:

  • Rivedere l’attuale normativa che riguarda i divorziati che hanno formato una nuova famiglia, esclusi dalla vita sacramentale e spesso posti ai margini della comunità. Noi pensiamo che in virtù del battesimo queste coppie abbiano pieno diritto all’eucaristia e ad essere accolte e aiutate nella loro nuova situazione, che spesso è fonte di problemi e difficoltà.
  • Abbandonare le discriminazioni di genere, e accogliere nella comunità a pieno titolo le coppie di omosessuali credenti, affinché non si sentano escluse dall’amore di Dio e dalla vicinanza della comunità. Questo vale anche per i singoli omosessuali e a tutti coloro che sono alla ricerca di una propria identità.
  • Accettare fino in fondo il grande dono della libertà di coscienza: tutti devono essere lasciati liberi di esercitare la propria sessualità, di stabilire in piena libertà le proprie scelte morali, di decidere se e come mettere al mondo dei figli. Questa libertà di coscienza deve essere garantita e tutelata e valorizzata per ogni scelta di vita. Aiutare soprattutto le donne a sentirsi libere e a liberarsi anche dai sensi di colpa a causa di scelte traumatiche e dolorose (divorzio, aborto…).
  • Accettare una libera espressione di opinioni su temi particolarmente sensibili che riguardano la vita, la nascita, la morte, non imporsi in modo dogmatico nei confronti del dibattito pubblico ma far sentire la propria voce con un atteggiamento di dialogo con la cultura dell’uomo d’oggi.
  • Impegnarsi per un serio lavoro di catechesi che aiuti i cristiani al discernimento delle proprie scelte rispettandole comunque. A fondamento non devono più essere i vecchi dogmi o il più moderno paternalismo ma semplicemente il Vangelo.

Un altro gruppo di questioni riguarda aspetti cruciali della vita interna della Chiesa. Siamo consapevoli del tramonto della cristianità e crediamo che per questo sia necessario trovare strumenti nuovi per far risuonare ancora la bellezza del la parola di Gesù. Si tratta cioè di predisporre otri nuovi per il vino nuovo. Alcuni otri si potranno anche riparare, altri invece dovranno essere costruiti di nuovo. Sempre nella fedeltà al Vangelo e alla luce dei segni dei tempi.

  1. Facciamo nostra l’antica norma: ciò che riguarda tutti nella chiesa, da tutti deve essere discusso. Ed è proprio questo principio, crediamo, che sta alla base di questa ampia consultazione del popolo di Dio. Al tempo stesso però occorre allargare anche il campo decisionale, dando più autonomia alle chiese locali e più responsabilità a tutti i cristiani, laici e preti.
  2. Nella nostra comunità e nella nostra chiesa diocesana, abbiamo incontrato molti preti: preti “regolari”, obbedienti ma in grande sofferenza con le istituzioni, preti costretti all’abbandono del ministero perché obbedienti a un’altra vocazione, quella del matrimonio, giudicata incompatibile dalle leggi ecclesiastiche. Ancora: preti con relazioni clandestine, vissute spesso con forti sensi di colpa, preti che hanno abbandonato silenziosamente non solo la vita sacerdotale ma anche la partecipazione alla vita della chiesa e nessuno li ha più cercati. Non c’è solo il problema del celibato obbligatorio, c’è probabilmente un problema più profondo che riguarda proprio il ruolo, lo status del prete nelle nostre società così profondamente cambiate. Il dramma della sua solitudine. Ci sembra ormai indifferibile rivedere in profondità la questione fondamentale, quella del sacerdozio ministeriale, che non trova riscontro nei testi del Nuovo Testamento ma che fa tuttora da perno ed è al centro di tutta la vita della Chiesa. Occorre, come dice il Papa, declericalizzare la Chiesa.

Senza addentrarci in argomentazioni teologiche, facciamo nostre alcune richieste che salgono dalla base, dai cammini sinodali già avviati in tante parti del mondo, da molti teologi e responsabili della pastorale.

  • Rendere facoltativo il celibato dei presbiteri, frutto di una libera scelta e vissuto come un dono di Dio, che rimanga solo come grazia e non come legge. Che diventi normale la prassi che guida le chiese cattoliche di rito orientale nonché quella delle chiese sorelle dell’ortodossia.
  • Valorizzare la disponibilità di uomini e donne sposati a guidare le comunità e a celebrare i sacramenti, su mandato del vescovo. E questo perché tutte le comunità cristiane, anche piccole e lontane, hanno il diritto di celebrare l’Eucarestia.
  • Aprire alle donne anche i ministeri “alti”: diaconato e presbiterato, così come una lettura non imbalsamata del Nuovo Testamento nonché un’attenzione della realtà culturale di oggi suggeriscono. Si tratta cioè di riconoscere che questo carisma riguarda la persona e non il suo sesso o il suo genere. Riconoscere insomma il ruolo fondamentale delle donne all’interno delle comunità, e non solo a parole.

Ci sono infine altri aspetti che riguardano la vita ordinaria della Chiesa che abbiamo direttamente sperimentato, con difficoltà e contraddizioni, sempre attenti comunque a cogliere i segni dei tempi.

  1. Occorre rendere meno “ingessate” le celebrazioni liturgiche, in particolare le messe domenicali: dare la parola alla gente, soprattutto nelle cosiddette preghiere dei fedeli (quelle generalmente utilizzate sono preconfezionate, magari belle ma calate dall’alto), sperimentare anche forme più creative con una maggiore libertà nelle preghiere e anche nei testi o nel canone, a seconda delle caratteristiche della comunità e degli avvenimenti che la coinvolgono. Questo perché il linguaggio, i segni e i gesti della liturgia sono spesso incomprensibili.
  2. Curare molto di più la formazione biblica di ragazzi e adulti (l’analfabetismo biblico e religioso dei cattolici italiani è tristemente documentato), dare vita a piccoli gruppi di lettura continua dei testi della scrittura. Noi abbiamo potuto verificare l’efficacia di piccoli gruppi che si impegnano a turno nella preparazione della liturgia domenicale nella quale tutti prendono la parola con commenti, riflessioni, preghiere. Ci sembra quindi decisivo avviare un processo di revisione delle abitudini e delle prassi ancora così diffusi. Ciò significa riscoprire e valorizzare tanti carismi e una pluralità di ministeri, con l’obiettivo di dare nuovo slancio alla vita comunitaria, alla ricerca di senso della vita, di riscoperta gioiosa del Vangelo in un contesto di fraternità e di amicizia.
  3. Accettare la sfida della laicità e intraprendere un cammino che ci porti a liberarci un po’ alla volta di tante strutture pesanti, di tradizioni ormai morte, di un devozionismo che imprigiona lo spirito, uscendo davvero dalle sagrestie e delle chiese, come suggerisce il Papa. E cercando di coinvolgere persone che non frequentano più le parrocchie.
  4. Noi abbiamo sperimentato fin dall’inizio come molto positiva la collaborazione con gli organismi di quartiere, con enti e associazioni presenti nel territorio, per iniziative di carattere caritativo, sociale, politico e culturale.
  5. Infatti, accanto alla rivendicazione dei diritti individuali nella Chiesa e nella società, pensiamo che in primo luogo occorre prestare una particolare attenzione per gli emarginati: i poveri, i carcerati, gli immigrati, verso i quali le nostre comunità non faranno mai abbastanza.
  6. Ci sembra infine di particolare urgenza l’impegno per le grandi questioni ambientali, come ci suggerisce l’Enciclica papale Laudato si’. E specialmente il tema della pace. Alcuni di noi sono impegnati attivamente nei movimenti pacifisti e nonviolenti. Naturalmente insieme con tanti uomini e donne “diversamente credenti”. Pensiamo che sul tema della pace occorre insistere molto di più: non si tratta solo di dire no alla guerra, si tratta di impegnarsi singolarmente e come comunità in un cammino di cambiamento nei rapporti personali, di dare più spazio al dialogo, di rifiutare la violenza anche nelle situazioni più conflittuali. è un grande progetto, che è partito con il discorso della montagna e che ora è affidato a noi.

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